Vibrazioni dal Passato: Riflessioni di un DJ degli Anni '90

"Un viaggio nostalgico attraverso l'arte del DJing, la sua evoluzione e l'anima delle discoteche degli anni '90."

 

Ricordo ancora le lunghe giornate passate a cercare

vinili nei negozi di dischi. Ogni disco rappresentava una scoperta, un pezzo unico che poteva fare la differenza durante una serata. Non c’era niente di paragonabile al fruscio del vinile quando la puntina del giradischi si posava delicatamente sul solco. Ogni traccia aveva una sua anima, e il compito del DJ era di unirle in un viaggio musicale che catturasse il pubblico.

Negli anni '90, il DJing era un'arte che richiedeva dedizione e una conoscenza profonda della musica. Ogni performance era il risultato di ore di pratica, di sperimentazione con mixaggi e transizioni, spesso usando doppie copie dello stesso disco per creare loop e allungare i momenti migliori di un brano. La sfida era trovare il modo perfetto per passare da una traccia all’altra, mantenendo la pista sempre viva e pulsante.

 

 

 

Essere un DJ in quegli anni significava anche costruire una propria identità musicale. Non si trattava solo di suonare hit del momento, ma di scavare a fondo nel mondo della musica per scoprire gemme nascoste, spesso inedite o difficili da trovare. I promo white label erano un tesoro ambito, simbolo di esclusività e novità. Avere tra le mani un disco che nessun altro aveva significava poter offrire al pubblico qualcosa di unico, un’esperienza irripetibile.

La ricerca musicale era una parte integrante del processo. Ogni viaggio in un negozio di dischi era un’avventura, un’opportunità per espandere il proprio arsenale sonoro. C’era un senso di comunità tra i DJ, uno scambio continuo di conoscenze e di suggerimenti. Le discussioni sulle ultime uscite, sulle tecniche di mixaggio e sulle serate migliori erano all’ordine del giorno.

Le serate in discoteca erano un momento magico. La connessione con il pubblico era palpabile, un dialogo silenzioso fatto di musica e vibrazioni. Ogni volta che riuscivi a leggere la folla e a portarla esattamente dove volevi, sentivi di aver compiuto una magia. Non era solo intrattenimento, era una forma di comunicazione profonda, un linguaggio universale che univa persone di ogni tipo.

Nei primi anni, la gavetta era un passaggio obbligato per ogni DJ. Si iniziava spesso suonando a feste di compleanno, in case o villette, accumulando esperienza e affinando le proprie abilità prima di proporsi in un club. L’accesso a un club era un traguardo ambito ma difficile da raggiungere. I club erano strutture complesse e ben organizzate, vere e proprie aziende con molte figure professionali coinvolte. C’era una direzione artistica, coreografi, costumisti, animazione, baristi, PR, security, parcheggiatori, grafici pubblicitari ed esperti di marketing. Tutti lavoravano insieme per costruire e promuovere il brand del club, spesso legato a uno stile musicale specifico.

Ogni club aveva il suo DJ resident, la colonna portante della serata. Il DJ resident non solo selezionava la musica, ma definiva l’identità musicale del club. Inserirsi come nuova leva non era semplice: bisognava guadagnarsi il rispetto del resident e del pubblico. Spesso, prima di avere la possibilità di suonare in una serata, si veniva ascoltati dal resident a club ancora chiuso, e si iniziava suonando nei primi momenti di apertura, quando la pista era ancora vuota. Questo era un test cruciale per valutare non solo le abilità tecniche, ma anche la capacità di gestire l’emozione e creare il giusto feeling con il pubblico.

 

Il DJ che riusciva a conquistare la fiducia del resident poteva gradualmente ottenere più spazio, suonare in momenti più importanti della serata e, con il tempo, diventare parte integrante della squadra. Rispettare il resident e avere pazienza erano elementi fondamentali per il successo.

La missione del DJ andava oltre il semplice mixaggio: si trattava di far ballare e sognare le persone, trasmettendo una filosofia musicale che rispettava e valorizzava lo stile del club. Ogni serata era un viaggio unico, costruito con passione e dedizione.

Oggi, con l'avvento del digitale, tutto è cambiato. L’accesso alla musica è diventato più facile, ma l’essenza del DJing rimane immutata per chi vive questa professione con passione. La tecnologia può facilitare il lavoro, ma non può sostituire la connessione umana, la conoscenza musicale e l’abilità di creare momenti indimenticabili sulla pista da ballo.

 

Guardando indietro, mi sento privilegiato ad aver vissuto quell’epoca d’oro del DJing. Ogni vinile, ogni serata, ogni mixaggio era un tassello di un mosaico più grande, un viaggio personale che rifletteva non solo la mia passione per la musica, ma anche la mia voglia di connettermi con gli altri attraverso il suono. Questa è la vera essenza del DJing, un’arte che, nonostante le trasformazioni, continua a pulsare con la stessa energia di allora.

Scusate se vi ho portato via un po' del vostro tempo,
ma sentivo il bisogno di condividere alcuni frammenti dei miei ricordi e pensieri.

Un caro saluto a tutti,
DJ Solferino.